Porno Kafkiano
Con gli anni era diventato completamente stupido e aveva dimenticato da tempo che esisteva una donna. Tutta la sua disperazione era concentrata sui seni, che ora nella sua vecchiaia gli apparivano sempre più come montagne elevate, invalicabili, le cui vette non avrebbe mai più potuto raggiungere
Di: Il Cervello Mammifero
Davanti ai seni sta una guardiana. Un giovane viene ai seni e vuole entrare. Ma la donna dice: forse più tardi. Gli anni passano e la donna a volte gli permette di avvicinarsi, a volte di sbirciare, a volte di toccare e persino di palpare e succhiare - ma mai di entrare. Di tanto in tanto gli fa delle domande: che voto hai preso all'esame? Cosa studi? Che lavoro fai? Quanto guadagni? E il giovane lavora molto duramente e risponde a tutte le sue domande. Ma lei non gli mostra mai l'entrata. Nella sua disperazione, inizia persino a parlare con i capezzoli e cerca di succhiare da essi qualche essenza interiore nascosta che gli suggerisca cosa c'è all'interno, e chiede loro il permesso di entrare, come se fossero pulsanti su cui digitare un qualche codice. Prova diverse combinazioni, diversi angoli di palpazione, pressioni varie, gira intorno ai seni da tutte le direzioni. Ma l'entrata non si apre mai. Cerca di correre intorno ad essi velocemente come se fossero montagne in cui l'entrata è nascosta solo a lui - e se si affretta un po' riuscirà a vedere l'estremità della grotta prima che si chiuda. A volte gli sembra di sentire un qualche pulsare sotto la superficie. Un qualche battito sotto la pelle tesa e liscia dove non c'è dove aggrapparsi. Corre da un seno all'altro, impazzito, come se non capisse come possa essere l'entrata da un lato e non dall'altro poiché la simmetria è perfetta, vertiginosa. A volte spera che il seno lo schiacci con il suo peso e aspetta nella piega sotto di esso. Ma il seno è sempre piacevole e morbido. Si siede arrabbiato al suo posto, come se non andando lui dal seno - il seno verrà da lui. Ma alla fine torna sempre al seno.
Con gli anni era diventato completamente stupido e aveva dimenticato da tempo che esisteva una donna. Tutta la sua disperazione era concentrata sui seni, che ora nella sua vecchiaia gli apparivano sempre più come montagne elevate, invalicabili, le cui vette non avrebbe mai più potuto raggiungere. Inizia a dubitare che qualcuno abbia mai raggiunto le loro vette e che anche lui in gioventù ci sia arrivato, e il capezzolo gli appare come una voce lontana e molto dubbia, quasi religiosa. Come se sulle cime di queste montagne - che sono esse stesse come immense tavole della legge - ci fosse una qualche Torah [testo sacro ebraico], sublime sia alla sua comprensione che alla sua percezione. Ora gli è chiaro che il suo tempo è limitato e ha perso l'occasione, e sospira nella valle immensa del pianto tra le creste delle montagne bianche innevate sopra di lui, che gli sembrano non smettere mai di crescere mentre lui viene coperto da un'oscurità sempre più grande. Un momento prima della fine, tutta la sua vita passata come un'ombra sotto i due giganti - le cui cime sono coperte di nuvole, e forse loro, i seni, arrivano fino al cielo, nel punto dove la D si congiunge alla M [riferimento mistico alle lettere ebraiche che formano la parola "dam", sangue] - si concentra in un'ultima domanda: come è possibile che non abbia trovato l'entrata, se da qui sono venuto da bambino? Se c'era un'uscita allora deve esserci anche un'entrata. E se c'era un'entrata nel mondo allora lì c'è anche l'uscita. Ci sono bambini, o almeno c'erano bambini nel mondo. E la donna risponde, la sua voce possente gli arriva da lontano come un tuono che rotola: non era qui l'entrata. Ora vado a chiuderla. E chiude la cerniera.