Il Lamento del Mouse
In quel periodo glorioso, la mano del padrone mi toccava di notte. Mi faceva girare a destra e a sinistra, avanti e indietro, mentre fissava la luce
Di: Topolino
Il padrone mi ha estratto il nucleo interno, il cerchio più sensibile
(fonte)Per anni mi sono nascosto nella tana del computer dopo che la calda mano del padrone aveva smesso di toccarmi. Mormoravo frammenti di versetti al terribile computer che, insieme al resto del mondo, aveva smesso di interessarsi a me dopo quel primo periodo di gloria. In quel periodo glorioso, la mano del padrone mi toccava di notte. Mi faceva girare a destra e a sinistra, avanti e indietro, mentre fissava la luce - dentro la quale, lo sapevo, un punto ero io. Mentre tutta l'attenzione della sua mano era rivolta a me - tutta la sua attenzione era rivolta a quel punto. Era la sessualità del padrone incarnata. A volte il padrone mi tradiva con le lettere della sua lingua straniera. Ma il loro tocco resistente non competeva affatto con la mia forma rotonda - che rispondeva ad ogni suo minimo movimento, fino al limite di tensione della mia coda - e questo si notava in lui. Conoscevo il mio potere di attrazione: nella mia sottomissione, nella precisione che esigevo, fino al clic, e i miei baffi tremavano di gioia - rilasciando una password nel linguaggio silenzioso del computer. E il grande computer rispondeva.
Il primo segno della crudeltà del padrone fu il taglio della coda, che in effetti limitò un po' il suo movimento. In seguito, mi fu praticata una operazione crudele e il padrone mi estrasse il nucleo interno, il cerchio più sensibile, e cominciò a giocare solo con quello, gettando il mio cadavere nel cestino. Poi abbandonò il mio cuore per superfici semplici e infine per il contatto con il punto stesso, senza alcuna mediazione, il padrone andò e si concentrò sul punto fino a fondersi con esso. E io rimasi abbandonato, trascurato nella tana senza padrone, senza coda e senza nessuno che comprendesse la mia lingua antica, il mouserese [lingua del mouse]. Perciò mi concentrai su un unico sforzo: tornare a comunicare con il mondo chinandomi sulla tastiera abbandonata - in un mondo che era già senza padrone ma ancora sotto un enorme schermo.
Le lettere mi erano estranee ma sorprendentemente il mondo rispose, assetato della parola del mouse e persino curioso di ciò che il mouse aveva da dire. Ma tutte le mie preghiere furono interpretate come lamenti, tutte le mie benedizioni come adulazioni e tutti i versetti sacri come barzellette. Quando volevo rivolgere una supplica al terribile computer, il mondo pensava che lo stessi deridendo, perché la mia lingua mouserese non permetteva loro di prendere alla lettera nulla di ciò che dicevo. Forse era lo squittio immaginario, poiché scrivevo tutto e la mia voce non si sentiva, ma nulla di ciò che diceva un mouse poteva essere interpretato se non come la voce di un mouse. Fui costretto a fingermi umano per parlare al mondo. Ma dal momento in cui smisi di parlare come un mouse, quelle stesse cose che dicevo smisero di interessare al mondo. Più dicevo quello che volevo, meno il mondo ascoltava e capiva e perdeva interesse. E più dicevo quello che il mondo si aspettava di sentire, più il mondo ascoltava con grande attenzione, rideva e si deliziava, nonostante stessi raccontando la barzelletta più triste del mondo.